Colossi petroliferi, produttori di hardware, prestigiose università, ma anche scuole, uffici comunali e studi professionali: nessuno è al riparo dall’ondata di attacchi ransomware che ha segnato la prima metà del 2021, un aumento del 90% rispetto al 2016.
I ransomware, ossia i virus informatici che impediscono agli utenti di accedere ai dati presenti sui loro computer e che esigono il pagamento di un riscatto per consentirne il ripristino – senza però alcune garanzia: nel 2020 il 39% degli italiani vittima di ransomware ha pagato il riscatto, ma, tra questi, il 43% non è comunque riuscito a recuperare i dati – si diffondono principalmente attraverso banner pubblicitari fraudolenti presenti sui siti, su cui gli utenti cliccano inavvertitamente.
Altre importanti modalità di infezione sono e-mail finte o contraffatte che invitano a cliccare su link o scaricare file, oppure lo sfruttamento di vulnerabilità di sistema che permettono di accedere direttamente alle reti e ai servizi aziendali.
Come difendersi dai ransomware?
Il primo livello di difesa contro questo tipo di attacchi (ma che vale anche per altre minacce informatiche) rimane quello della prevenzione, che significa aggiornamento costante di software antivirus e sistemi operativi. Inoltre, è molto utile dotarsi di un sistema di backup che consenta di effettuare una copia dei dati delocalizzata, cioè conservata separatamente rispetto alla rete aziendale: in questo modo, in caso di attacco ransomware, è possibile recuperare copie non infette e ripristinarle, evitando il blocco delle attività e Data Breach.
Diventa quindi importantissimo dialogare costantemente con il proprio fornitore e consulente informatico, mantenere sempre aggiornati i sistemi e incentivare la formazione continua del proprio personale, per aumentare la consapevolezza e ridurre i rischi legati a un utilizzo poco attento degli strumenti informatici aziendali.
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